Pensieri su "DIETRO L'ORIZZONTE UN MONDO" di Angela Nanetti

 

Una valigia consunta, sempre pronta. Un padre che parte senza spiegazioni. Una figlia che sogna un destino diverso. Ermelinda cresce in un’Italia che cambia: il paese agricolo che si svuota, le periferie che si riempiono di fabbriche, il rumore incessante delle officine, i sogni di chi vuole un futuro migliore. Ma la sua infanzia è segnata dalle fughe del padre, muratore inquieto e silenzioso, e dall’amarezza della madre, che non smette di rimproverarlo. In mezzo resta lei, costretta a diventare adulta troppo presto, con la sola certezza di non potersi arrendere. Dalla fabbrica dove muove i primi passi, alle scelte difficili di donna e di madre, Ermelinda ci accompagna in una saga che è insieme intima e collettiva, specchio di un Paese intero che conosce la fatica, l’emigrazione, la dignità del lavoro e la forza delle donne. Con la sua scrittura limpida e intensa, Angela Nanetti restituisce emozioni autentiche e personaggi indimenticabili, consegnandoci un romanzo che parla di partenze e ritorni, di ferite e di sogni, ma soprattutto della capacità di reinventarsi sempre. Un libro che ci ricorda che dietro ogni orizzonte c’è un mondo nuovo da scoprire.


Autrice: Angela Nanetti
Titolo: Dietro l'orizzonte un mondo
Editore: Vallecchi
Pagine 294
Uscita: 7 novembre 2025
* ringrazio la CE per la copia fornita





Una valigia serve sempre. Ricordatelo.


Come ultima lettura dell'anno ho affrontato questa storia piena di emozioni e commozione, una storia tutta al femminile, che ci consente di conoscere la vita di Ermelinda, dotata di una grande voglia di lavorare e di una consapevolezza istintiva e che va accumulando pian piano, da godersi in età matura, dopo le sofferenze, i litigi e il perdono, i sogni e la concretezza dei risultati.

Nina nasce da genitori umili; soprattutto da un padre insofferente alla stabilità, in continuo movimento, sfuggente, remoto, e da una madre sola ed esacerbata dalla lontananza. Inizia a lavorare nel 1967, a soli sedici anni (e sarà per sempre la "bimba" per i titolari) e continua a farlo, acculturandosi, viaggiando (con un inglese di base e nessuna esperienza e protezione), diventando una manager quando era, forse, ancora impensabile.


Molto più tardi compresi che mio padre non era un emigrante, ma un viaggiatore: 
l'emigrante parte per tornare e porta con sé la terra e la famiglia, 
il viaggiatore ritorna per partire. Non porta niente con sé, solo una valigia. 
Mio padre era fatto di quella stoffa, com'ero fatta io, e solo allora lo perdonai.


Pur avendo avuto un'unica figlia prima dei vent'anni, la sua vita è essenzialmente lavoro, e la sua carriera attraversa gli anni '70, '80 e '90 (ci fermiamo a ridosso del Duemila), con uno spaccato vivido degli eventi: Nina vola a Dubai e impara a negoziare con la mentalità araba, si trova in Iraq durante l'invasione del Kuwait e viene presa in ostaggio, si trova in Argentina durante la grande crisi, viaggia e prende aerei, lasciandosi dietro una famiglia naturale sfaldata e una famiglia acquisita in azienda.

Solo più tardi, dopo la stanchezza, capirà di aver sacrificato tanto, ma riuscirà anche a comprendere il padre assente, la madre imprigionata nella solitudine, la figlia Ginevra che voleva cambiare il mondo con il proprio idealismo.

La morte è prima una parola, poi una paura, infine il vuoto.


Alla fine, tornerà a casa per godersi l'ultimo scampolo di felicità, più luminosa grazie ai ricordi che non sono più un peso.
Sullo sfondo, restano le persone che ha conosciuto, i luoghi che ha amato. E pure Marcel Yared, affascinante libanese cosmopolita, abitante degli aeroporti come lei, il simbolo del "vorrei, ma non posso", il desiderio che l'ha accompagnata per decenni e che non si è mai concretizzato in un abbraccio reale.

5 stelle anche soltanto per questa verità contenuta tra le righe: "il rancore non lo conosco, è troppo faticoso, ti ruba ogni giorno un po' di fiato."


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