Pensieri su "Love, sex & Frankenstein. Mary Shelley, una storia gotica" di Caroline Lea
Lago di Ginevra, 1816. Mary ha diciotto anni e insieme al suo amante bellissimo e scostante, Percy Shelley, al loro piccolo William e alla sorellastra Claire, si appresta a trascorrere alcuni mesi lontana da Londra e, soprattutto, dai creditori di Percy. L’atmosfera che circonda il lago è carica di presagi. Mentre cenere arrivata da chissà dove cade dal cielo e dalle acque emerge un cadavere senza nome, la compagnia accoglie due nuovi membri: l’esuberante, vulcanico e affascinante Lord Byron, amante di Claire, e il silenzioso ed emaciato John Polidori, suo medico personale. Nel giro di pochi, decisivi giorni, i legami, gli scontri, i segreti e le inesorabili attrazioni sorte tra i membri del gruppo arriveranno a un punto di non ritorno. Fino a che Byron non proporrà una sfida: la vittoria spetterà a chi scriverà la migliore storia di paura...
«Cosa sei? Chi sei? Sei un mostro, una macchia sulla terra? No! Sono una creatura dalle sensazioni estreme, una creatura mal concepita per questo mondo brutale. Sono troppo sensibile. Quando mi guardo intorno, non vedo nessun altro come me. Eppure, c’è un potere in me che a malapena comprendo.»
Love, sex & Frankenstein. Mary Shelley, una storia gotica
Autrice: Caroline Lea
Editore: Giunti
Pagine 384
Uscita: 15 ottobre 2025
Aveva sperato che il passare degli anni l'avrebbe fatta sentire più vicina a lui, più felice con lui, più al sicuro con lui. Ma aggrapparsi a Shelley è come cercare di afferrare la luce del sole: potresti pensare di averla, potresti sentirla indorarti il palmo, poi abbassare lo sguardo e scoprire che le nuvole si sono spostate, la luce si è mossa in avanti.
Tra le ultime letture dell'anno mi sono tenuta questa lettura, pensando che fosse una sorta di "dietro le quinte" dell'elaborazione di Frankenstein, ovvero una ricostruzione della famosa settimana di maltempo, durante la quale, a Villa Diodati, in quel di Ginevra, un pugno di intellettuali (Byron, Shelley, Mary Godwin, e Polidori) si sfidarono a scrivere pezzi "gotici" per riempire il tempo.
In realtà, non è stato proprio così, anche perché quell'evento occupa solo un paio di capitoli.
Soprattutto, il titolo mi aveva indotto a credere di affrontare una lettura, non dico leggera, ma comunque dotata di un certo brio. Il sentimento che mi ha lasciato, semmai, è disillusione. Rassegnazione. Compassione, anche, per la povera scrittrice protagonista.
Già conoscevo la storia d'amore tra Mary (figlia di Mary Wollstonecraft, scrittrice femminista e filosofa critica del matrimonio, morta fatalmente di parto) e Percy B. Shelley, e la reputavo triste per la sequenza di aborti e lutti infantili che avevano dovuto subire.
Qui la Lea fornisce un ulteriore e pesantissimo significato alla parola "triste", con una ragazzina sedotta a sedici anni, fatta fuggire di casa e ingravidata da un poeta sfaccendato e sposato; con una ventenne sfibrata dalle gravidanze e lasciata a deperire in solitudine e povertà in squallide soffitte, mentre il solito poeta ammaliatore si ritiene comunque libero da legami; con una ventenne, ancora, che lo segue a Ginevra per sfuggire i creditori e che si ritrova imprigionata in un ambiente tossico e caotico, dove i figli non sono nulla, dove prevale solo la felicità egotistica e la propria fama/realizzazione senza crucciarsi dei sacrifici dei più deboli.
In effetti, il personaggio di Frankenstein sembra quasi saltar fuori da tutta questa esistenza femminile frustrata, da tutta questa rabbia repressa di madre/amante/vittima, più un urlo di carta che non un esercizio narrativo tra amici.
Se c'era ancora qualche dubbio tra noi, per la Lea, no: Percy B. è stato un gigantesco str****, un uomo che si proponeva di salvare donne infelici e represse dalla famiglia (il prode cavaliere), ma poi se ne serviva per nutrire l'ego, tutto impegnato a modellarle secondo i propri desideri.
Per carità, un romanzo interessante e scritto bene, con notevoli squarci poetici, tra nebbia e oscurità.
Lo promuovo, anche se, in certi momenti, avrei calcato meno sulla desolazione, per farci conoscere di più gli scritti di Mary.
«Non sono cambiata. Non mi hai mal guardata veramente. Non mi conosci, Shelley. Non hai mai nemmeno provato a conoscermi."
"Ti conosco perfettamente."
"No. Non mi capisci. Ti sei innamorato della figlia di Godwin e Wollstonecraft - me lo hai detto tu! Mi hai detto di esserti innamorato del mio genio, ma hai sempre voluto che ti adulassi e ti ripetessi i tuoi stessi pensieri."


























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