Pensieri su "LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI" di Elena Ferrante

Crescere per diventare cosa, per assomigliare a chi?
Il nuovo romanzo di una scrittrice amata in tutto il mondo.

Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? 


La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

La vita bugiarda degli adulti
Elena Ferrante
Editore: E/O
Pubblicazione: novembre 2019
EAN: 9788833571683
ISBN:8833571688
Pagine: 336





«Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto — gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole — è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione».


Questa è la mia prima recensione in questa sede, e sento tutto il peso della responsabilità di scrivere per il blog di una delle mie più care e stimate amiche, Silvia. 
Sono stata molto fortunata, mi è stato chiesto di leggere un libro che mi è piaciuto moltissimo, ovvero l’ultima fatica di Elena Ferrante, “La vita bugiarda degli adulti”. 

Romanzo di formazione ambientato tra le strade di quella che non è una città, come diceva Malaparte, è un Mondo. 

Libro pieno di immagini potenti ed evocative, come il padre che cancellando minuziosamente le figure lascia però le ombre, pieno di simboli primo fra tutti il famoso braccialetto, intriso delle bugie di chi lo ha fatto girare da un polso all’altro; mi piacerebbe dire di più sull’odissea di questo oggetto ma direi troppo, rivelerei cose che vanno svelate e capite piano piano. Dico solo che è un simbolo che mi è piaciuto moltissimo, custode di segreti e infamie, penso che dopo tanto peregrinare Giannina gli abbia dato il giusto congedo. 

Già Giannina, la protagonista, il suo scoprirsi brutta dalle parole sussurrate del padre mi hanno ricordato gli affanni di Gengè di “Uno nessuno e centomila” che da un momento all’altro deve mettere tutto se stesso in discussione, e cos’è l’atto della crescita se non un mettersi in discussione, sulla religione, sul sesso, sul linguaggio, e questa tribolante metamorfosi dolorosissima quanto necessaria in cui non c’è più ben distinto il bene dal male, ma tutto è opaco come i vetri delle finestre dei cessi. 

Impietosamente tutti gli adulti, nessuno escluso vengono progressivamente ma inesorabilmente fatti scendere dal piedistallo: ho ricordato il mio prendere atto delle mancanze dei miei amatissimi cari, e ho ripensato al mio personale momento di rivalutazione, il rimettere tutto in discussione, crescere. 

Tra gli adulti, più o meno fallaci spicca quello straordinario personaggio che è zia Vittoria. 
Questa donna-mito che si trasfigura in base a ciò che ha nel cuore, che può esser bellissima se in pace e in amore o orrenda se ha l’animo in tempesta. 
Una figura vitale, potente e triviale che fa scempio delle ipocrisie altrui, pur tenendosi le proprie. Una fulgente ignorante che spiazza gli acculturati ingioiellati e ben vestiti che hanno dimenticato l’importanza e l’indispensabilità degli affetti parentali, la famiglia e le sue tante diramazioni, istituzione sì a volte soffocante e ricettacolo prolifico di rancori e ferite, ma la tribù, come io chiamo la mia famiglia, rimane a mio avviso, humus fondamentale per costruire buone radici, per imparare a vivere, a crescere con l’esempio, con gli sbagli, con i limiti e le grandiosità di più persone. 


Tu non sei solo di tuo padre e tua madre, tu sei anche mia, tu sei di tutta la famiglia…

Lucia

2 commenti:

  1. Che bellissima recensione!!! Brava! Non ho ancora letto nulla della Ferrante, seppur da anni curiosa visto il tanto clamore che hanno avuto i suoi romanzi negli ultimi anni. Forse cominciare da questo può essere un buon inizio. Grazie!

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  2. Ciao Maramei, grazie del gentile commento.
    Anche io fui incuriosita e attratta dall'eccezionale exploit della Ferrante ai tempi del bel "Amore molesto", e nonostante i "Giorni dell'abbandono" che detestai, ma non è il caso di parlarne in un semplice commento, trovo che abbia un modo di scrivere che ti trafigge spudoratamente.
    Vi consiglio vivamente questo libro, e magari un commento con le vostre impressioni.
    Lucia

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