Regalo di fine anno: #estratto #speciale di "DIMITRI" (HER RUSSIAN PROTECTOR) di Roxie Rivera!!
Buona giornata!
In attesa del Review Party del 3 gennaio, oggi vi offriamo un #estratto #speciale dedicato a DIMITRI - HER RUSSIAN PROTECTOR di Roxie Rivera.
Grazie come sempre a Eleonora Morrea e alla CE Follie Letterarie per la cortesia.
Il secondo capitolo autoconclusivo della serie può essere letto indipendentemente da Ivan e introduce alcuni personaggi protagonisti dei libri successivi.
Decisa a salvare suo fratello dalle grinfie della violenta banda degli Hermanos, Benny si vede costretta a chiedere aiuto a Dimitri Stepanov, il sexy e letale inquilino russo che vive sopra la panetteria di famiglia; l’unico uomo che, grazie alle sue oscure e pericolose frequentazioni, è in grado di tenere testa agli Hermanos e salvare Johnny da una vita in prigione, se non peggio.
In attesa del Review Party del 3 gennaio, oggi vi offriamo un #estratto #speciale dedicato a DIMITRI - HER RUSSIAN PROTECTOR di Roxie Rivera.
Grazie come sempre a Eleonora Morrea e alla CE Follie Letterarie per la cortesia.
Il secondo capitolo autoconclusivo della serie può essere letto indipendentemente da Ivan e introduce alcuni personaggi protagonisti dei libri successivi.
Decisa a salvare suo fratello dalle grinfie della violenta banda degli Hermanos, Benny si vede costretta a chiedere aiuto a Dimitri Stepanov, il sexy e letale inquilino russo che vive sopra la panetteria di famiglia; l’unico uomo che, grazie alle sue oscure e pericolose frequentazioni, è in grado di tenere testa agli Hermanos e salvare Johnny da una vita in prigione, se non peggio.
Ma non sono solo gli amici del fratello a costituire una pericolo per la ragazza.
Un losco speculatore immobiliare ha messo gli occhi sulla panetteria di Benny, e non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere i suoi lucrosi scopi. Minacciata su più fronti, Benny troverà però tra le braccia forti di Dimitri, e nel suo letto, molto più di un riparo sicuro dai pericoli, perché Dimitri è disposto a scatenare l’inferno pur di proteggere Benny e tenerla con sé.
Buona lettura! E se vi piace, lo trovate già negli store!
*****
1
Con un grugnito, cercai di
trascinare il pesante sacco di farina dalla piattaforma di scarico fino al
magazzino. Ne avevo già spostati sei e sentivo che la
poca energia che mi era rimasta, iniziava a esaurirsi. La sveglia alle quattro
di mattina nonché un’intera giornata passata a correre fra la cucina e il
bancone della pasticceria, mi avevano sfinita.
Un calore irritante mi pungeva gli occhi e
le preoccupazioni iniziavano a farsi sentire. Allungai il collo, sperando di
allentare la tensione ai muscoli, e chiusi gli occhi, riempiendomi i polmoni
con un respiro lento e regolare. Cedere al panico a causa della situazione di
merda in cui mi trovavo, non mi avrebbe aiutato.
Drizzai le orecchie nel sentire qualcuno
entrare dall’ingresso laterale dei dipendenti. Finalmente!
― Johnny? Sei tu?
Vi fu una lunga pausa, prima che mio
fratello più piccolo alla fine gridasse in risposta: ― Sì.
Mi accigliai, lasciando ricadere il sacco di
farina contro la gamba. ― Sei in ritardo di tre ore. Avevo bisogno di te per
chiudere oggi. Dove sei stato?
― Ehi, sono arrivato quando ho potuto. ―
Apparve sulla soglia del magazzino con tutto l’aspetto di un teppista, e mi
guardò torvo. ― Lasciami in pace, Benny.
Mi morsi la lingua alla vista dei jeans
larghi che indossava e di quella orribile canottiera. Le scarpe da ginnastica
erano perfettamente pulite e immacolate, ovviamente. Il tatuaggio della gang
che aveva sul collo mi faceva ancora infuriare. Quando era tornato a casa,
qualche giorno prima del suo diploma con quella cosa orribile impressa sulla
pelle, per poco non mi era venuto un colpo.
― Senti, ho bisogno del tuo aiuto. Il camion
dei rifornimenti è arrivato in ritardo oggi, e devo portare tutto in magazzino.
Lui non si mosse. ― Perché non lo fai fare a
Marco, o Adam?
― Non posso permettermi di pagare gli
straordinari, Johnny. Riusciamo a malapena a far quadrare i conti. ― Non gli
stavo dicendo niente che già non sapesse. Avevamo già discusso diverse volte
delle difficoltà finanziarie in cui ci trovavamo negli ultimi mesi, ma non
credevo gli importasse qualcosa. Evidentemente, era convinto che avrei risolto
il problema proprio come facevo sempre, del resto.
― Forse dovresti prendere in considerazione
di vendere a quel tizio dell’agenzia immobiliare ― suggerì Johnny, iniziando
finalmente ad aiutarmi. Sollevò il sacco di farina, gettandoselo sulla spalla,
e lo portò in magazzino.
Serrai la mascella al pensiero del viscido
imprenditore edile che da qualche settimana faceva pressione per convincermi a
vendere. Riqualificazione un corno! ― Non venderemo, Johnny.
― Perché no? Sono dei bei soldi, Benny.
― Il denaro non è tutto, Johnny. Questa
pasticceria non fa solo parte della storia del quartiere. È anche la nostra
storia. Ci hanno lavorato tre generazioni della nostra famiglia. I nostri nonni
hanno versato sangue, lacrime e sudore per costruire questa panaderia. ― Scossi
il capo. ― Siamo in una brutta situazione e dobbiamo affrontarla. Ma non
venderemo.
― È quello che dicevano la signora della
merceria e il tipo del negozio di mobili, in fondo alla strada, prima che si
facessero furbi. ― Johnny mi sfiorò per afferrare un altro sacco di farina. ―
Questo è il tuo problema, nena. Non
pensi in grande. Sai cosa potremmo fare con tutti quei soldi?
Alzai gli occhi al cielo. Ultimamente,
Johnny aveva tanti grandi progetti. Quello che gli mancava era la volontà di
attuarli. Era facile elaborare piani, ma più difficile era realizzarli in modo
da farne dei successi.
― Prima di tutto, smettila di chiamarmi
nena. Secondo? Non ci rimarrebbero molti soldi dopo la vendita.
Lui si accigliò mentre trasportava un altro
pesante sacco in magazzino. ― Cosa intendi dire? Ho visto quanto ci ha offerto
quel tizio. È una valanga di soldi, Benny.
― Sì, ma come credi che abbiamo pagato la
chemio di Abuelita e tutte le fatture dell’ospedale? E prima di quello, il
prestito che lei aveva ottenuto dando l’edificio in garanzia per pagare i
problemi di diabete del nonno. Parliamo di linee di credito e seconde ipoteche.
― Mi strofinai la nuca irrigidita dalla preoccupazione. ― È complicato, Johnny.
Lui strinse gli occhi con un’espressione di
accusa. ― Perché le hai permesso di ottenere tutti quei prestiti?
― Non l’ho fatto, Johnny. Non l’ho scoperto finché
non mi ha mostrato i registri. Quando ci ha detto che era malata, si era già
indebitata fino al collo.
― Ma la pasticceria fa soldi.
― Non è così semplice. I costi delle
forniture sono aumentati. Abbiamo dovuto sostituire tutti i forni e i contenitori
per la pasta lievitata. Abbiamo perso un quarto delle entrate provenienti dalle
colazioni e dai pranzi, quando ci sono stati i licenziamenti alle centrali del
gas. ― Non volevo nemmeno pensare al tracollo inevitabile dell’attività, se le
voci dell’imminente apertura di uno Starbucks in fondo alla strada, fossero
state vere. ― I premi dell’assicurazione sanitaria sono in aumento.
― Allora tagliali ― suggerì lui freddamente.
― Lascia che siano loro a pagare per le visite mediche.
Lo guardai male. ― Ma ascolti le stronzate
che ti escono dalla bocca? Alcuni dei nostri dipendenti lavorano nella
pasticceria dal giorno in cui i nostri nonni hanno aperto, Johnny!
Lui si strinse nelle spalle. ― Sì, e allora?
La gente dovrebbe farsi carico delle proprie spese.
Mi sentii invadere dalla frustrazione. ―
Suppongo che avrei dovuto far pagare a te tutte le spese legali per il tuo
ultimo arresto, eh? Così anche tu ti saresti fatto carico delle tue spese,
giusto?
Johnny strinse gli occhi. ― Quante volte me
lo rinfaccerai?
― Oh, non lo so, Johnny. Tutte quelle che
servono per farti capire quanto sei idiota, quando te ne esci con queste
stronzate da gang malavitose.
― Non sono stronzate, Benny. La mia banda è
la mia famiglia.
― La tua famiglia? ― mi assalì la rabbia. ―
Sono io la tua famiglia, Johnny. Sono quella che ti ama per come sei. Sono
quella che c’è sempre stata per te, da quando eravamo piccoli.
― Non capisci, Benny. Non riuscirai mai a
capire.
Non riuscivo nemmeno a guardarlo. Distolsi
lo sguardo, e masticai tra i denti. ― Almeno finisci di spostare le cose
pesanti, okay? Io posso occuparmi di tutto il resto.
Fece per discutere con me, ma poi chiuse la
bocca e tornò al lavoro. Non proferimmo parola mentre trasportavamo le pile di
prodotti da forno da una stanza all’altra. Avevo imparato che discutere con lui
non faceva altro che allontanarlo da me. Non c’era niente che potessi
aggiungere, che non fosse già stato detto in precedenza.
Per qualche ragione che non riuscivo a
capire, gli piaceva bazzicare gli Hermanos. A volte, avevo la sensazione che
per lui fosse tutto un grande gioco. Solo che non era un gioco. Neanche
lontanamente. Gli Hermanos erano una banda malavitosa molto violenta, che
controllava una grande parte di Houston. Temevo che Johnny si sarebbe presto ritrovato
invischiato fino ai capelli, e poi? Non avrebbe potuto sottrarsi a una vita che
si era stupidamente scelto.
Il suo cellulare squillò e, per rispondere,
mollò i secchi di strutto che stava trasportando. Un istante più tardi, una
macchina prese a suonare il clacson nel vicolo sul retro. Lui si cacciò il
cellulare in tasca. ― Devo andare, Benny.
― Cosa? No! Devi aiutarmi a finire qui.
Come se l’arrivo dei componenti della gang
lo avesse galvanizzato, ribatté: ― Non devo fare un cazzo per te, Benny.
Prima che potessi rispondere, una voce aspra
ruggì: ― Non parlare a tua sorella in quel modo!
Entrambi i nostri sguardi volarono verso la
porta aperta che conduceva alla piattaforma di scarico, e al vicolo. Dimitri
Stepanov, il nostro inquilino di lunga data, incombeva sulla soglia. Alto,
biondo e robusto, socchiuse su Johnny quei suoi occhi azzurro ghiaccio. ―
Chiedi scusa a tua sorella.
― Fottiti, Dimitri. ― Johnny gli mostrò il
dito medio.
― Fottiti? ― Dimitri fece un passo
all’interno senza mai distogliere lo sguardo da Johnny. ― Sono parole grosse,
Johnny. Che ne dici di uscire fuori in strada e vedere se riesci a esserne
all’altezza?
― No. ― Mi spostai tra i due, cercando di
mettere un freno alla tensione che minacciava di esplodere. ― Non ci sarà
alcuna rissa da strada dietro la mia pasticceria.
Lo sguardo severo di Dimitri si addolcì,
quando si spostò su di me. ― Non dovrebbe parlarti in quel modo.
― Di’ al tuo ragazzo che farebbe meglio a
tenersi fuori dai miei affari ― mi avvertì Johnny.
La mia faccia avvampò alla menzione che
Dimitri fosse il mio ragazzo. Come se un uomo come Dimitri potesse dare una
seconda occhiata a una ragazza bassa e dai fianchi larghi come me!
― Quando manchi di rispetto a Benny, diventa
affar mio.
― E farti il culo sta per diventare il mio,
Dimitri.
― Johnny! ― Lo guardai a bocca aperta. ―
Qual è il tuo problema?
― Qual è il mio problema? ― Si avvicinò e mi
puntò il dito in faccia. ― Qual è il tuo problema? Perché ti schieri sempre con
lui contro di me?
― Cosa? Johnny, non è...
Lui alzò le mani. ― Non ho bisogno di questa
merda. Me ne vado.
― Johnny! ― lo inseguii, ma lui sfrecciò
fuori dalla porta sul retro e scomparve. Qualche istante dopo, sentii lo
stridio delle gomme. Con le spalle curve per la sconfitta, fissai la soglia
vuota.
― Mi dispiace, Benny, non avrei dovuto
immischiarmi. ― Dimitri parlò gentilmente, le parole che tradivano il lieve
accento russo. ― Non intendevo peggiorare le cose.
Mi voltai per guardarlo in faccia,
scrollando le spalle. ― Johnny era in vena di litigare. Gli hai semplicemente
fornito un bersaglio.
Dimitri coprì la distanza tra noi. Il suo
profumo familiare mi avvolse, lasciandomi desiderosa del suo tocco.
Torreggiando su di me, osò sfiorarmi la guancia. Alla sensazione delle sue dita
ruvide sulla pelle, il mio ventre fece le capriole. ― Mi dispiace se ti ho
turbata.
Sorrisi e gli afferrai il polso. ― Non mi
hai turbata. Sto bene.
Lasciò ricadere la mano. In quello stesso
istante sentii la mancanza delle sue dita. ― Lascia che ti aiuti a spostare tutta
questa roba.
Scossi il capo. ― No, Dimitri, non è il tuo
lavoro. Non sei un mio dipendente.
― No, sono tuo amico. E non mi dispiace.
Dopo cinque anni di amicizia, sapevo che
discutere con lui non avrebbe funzionato. ― Grazie.
Agitò la mano e afferrò i sacchi di zucchero
più vicini. Come se cinquanta kili di peso non fossero niente, se li mise sulle
spalle. ― Avresti dovuto dirmi che avevi una consegna oggi, sarei tornato a
casa per aiutarti.
― Ti ho già chiesto aiuto con l’impianto
idraulico, per riparare i lavandini che perdevano, la settimana scorsa. ― Lo
seguii nel magazzino con due scatole di granella e zucchero colorato. ― Mi
sento come se mi approfittassi di te.
Dimitri sbuffò divertito, posando i sacchi
al loro posto. ― Puoi approfittarti di me quando vuoi, Benny.
Fui lieta di voltargli la schiena. Il doppio
senso della sua frase mi fece arrossire per l’imbarazzo. Sapevo che stava solo
scherzando, ma non potevo fare a meno di chiedermi se la mia cotta per lui non
fosse così evidente. Era ovvio che Johnny l’avesse capito. Aveva fatto
quell’osservazione tagliente prima perché sapeva che mi avrebbe ferita. Alla
faccia dell’amore fraterno...
Mi voltai con una risata nervosa, e sbattei
diritto contro il petto di Dimitri. Lui mi afferrò le spalle per sostenermi. Il
suo aroma mi tolse il fiato. Tutto quel calore che il suo corpo irradiava a
ondate mi travolse, riempiendomi di un desiderio struggente. Fu come se gli
anni trascorsi a combattere l’attrazione che provavo per lui, fossero giunti a
reclamare il loro prezzo.
― Attenta, Benny ― mormorò lui.
― Scusa.
Quando mi lasciò le spalle, le sue mani mi
sfiorarono le braccia. La sensazione delle sue dita che scorrevano sulla mia
pelle mi fece girare la testa. Cercai di impedire ai miei pensieri di
raggiungere lidi pericolosi.
Lui si scostò da me, guardandosi intorno nel
magazzino. ― È una fornitura più abbondante del solito.
Alla fine, riuscii a recuperare il
controllo. ― È per quella cosa del Tasting Houston che Lena mi ha convinta a
fare.
Qualche settimana prima era riapparsa nella
mia vita Lena Cruz, una mia compagna ai tempi della scuola. Per una strana
coincidenza, una delle sue amiche usciva con uno degli amici di Dimitri.
Attualmente Lena lavorava per una mega società di pubbliche relazioni di
Houston, e si era offerta di aiutarmi a rilanciare l’attività.
― Sabato, giusto?
Annuii. ― Ritiene che sia un buon modo per
costruire il nostro marchio. Non sono così sicura di tutto quel suo parlare di
marketing e branding, ma sembra conoscere davvero il suo lavoro.
Non aggiunsi che speravo disperatamente che
il suo piano funzionasse. Dovevamo aumentare la clientela fissa e il flusso di
entrate, se volevamo dare alla pasticceria una qualche speranza di sopravvivere
a quella situazione difficile.
Nel profondo, temevo che niente avrebbe
funzionato. Jonah Krause, l’imprenditore che mirava allo stabile, non era il
tipo d’uomo a cui piaceva sentirsi dire di no. Ero riuscita a tenerlo a bada
per qualche mese, ma stavo iniziando a preoccuparmi che potesse decidere di
esercitare una maggiore pressione. Dai miei vicini mi erano giunte voci assurde
sulle tattiche che aveva usato per spingerli a vendere.
Mi guardai intorno alla ricerca della
cartellina con la lista di controllo, e mi resi conto di averla lasciata nel
mio ufficio. ― Torno subito. Vado a prendere la mia lista. Marco ha
supervisionato la fornitura, ma i suoi occhi non sono più quelli di una volta.
A volte conta male.
Lui annuì e io me la svignai, facendo
attenzione a non urtare le sue braccia o il suo torace. Ogni volta che lo
toccavo accidentalmente, era difficile ignorare il calore che mi invadeva.
Era davvero stupida quella mia infatuazione
per Dimitri. Negli anni, avevo avuto la sfortuna di incontrare alcune delle
bombe sexy con cui era uscito. Niente riusciva a mettermi più a disagio di un
paragone mentale con le bellezze dalle gambe flessuose che avevo visto al
braccio di Dimitri. Io, che ero una ragazza latino-americana, piccola di
statura e dalle forme prosperose.
Tutti i pensieri sulla mia perversa cotta
per Dimitri si volatilizzarono nel momento in cui entrai nel mio ufficio. La
borsa dei contanti che usavo per i versamenti bancari era capovolta sulla mia
scrivania e le carte sotto di essa erano state rimestate. Uno dei cassetti,
quello in cui tenevo i contratti più importanti e i documenti, era leggermente
socchiuso. Persino prima di afferrare la borsa e aprirla, sapevo già cosa avrei
trovato.
Il mio stomaco sprofondò come un ascensore
fuori controllo, mentre contavo e ricontavo gli incassi del giorno. Mancavano
trecento dollari, ed ero certa di sapere chi li aveva presi. Non avevo dato
subito peso al fatto che Johnny avesse usato l’ingresso laterale, invece di
quello che dava sul vicolo. Ora, ovviamente, capivo perché fosse entrato da
quella parte.
In preda a una terribile sensazione, mi
schiantai sulla sedia cigolante. Il tradimento di mio fratello mi colmava di
rabbia e profonda tristezza. Cosa diavolo c’era che non andava in lui? La
consapevolezza di non essere più in grado di riconoscere mio fratello mi colpì
duramente.
Peggio fu, però, la consapevolezza di averlo
deluso e di aver infranto la promessa fatta a mia nonna sul letto di morte,
tanto che lo stomaco si contrasse
dolorosamente.
Come una diga che cedeva, un’ondata di
preoccupazione mi invase. Con la testa tra le mani, iniziai a piangere. Forti e
rumorosi singhiozzi mi scossero, al punto da farmi soffocare.
― Benny?
***
Trovare Benny che singhiozzava con il viso
tra le mani causò a Dimitri una stretta al cuore. Attraversò la distanza che li
separava in pochi, rapidi passi e le si accosciò di fronte. Le lacrime le
scorrevano sul viso, gocciolando sulla maglietta.
― Mi dispiace ― disse lei, le guance rosse
per l’imbarazzo. ― Sono una sciocca.
― No ― le sussurrò lui teneramente.
Sull’angolo della scrivania c’era una scatola di fazzolettini di carta e ne
prese una manciata. ― Non sei sciocca. ― Gentilmente, le asciugò il viso. ―
Cosa c’è che non va?
Con il labbro inferiore che tremava, lei
fece un cenno verso la borsa dei versamenti bancari e alla pila di contanti
sulla scrivania. Dimitri diede un’occhiata, e capì tutto. Imprecando rudemente,
giurò di prendere a calci in culo quel piccolo bastardo la prossima volta che
l’avesse incrociato.
― Quanto? ― chiese Dimitri.
― Trecento ― rispose lei, tirando rumorosamente
su con il naso. ― Non riesco a credere che mi abbia derubato.
Dimitri sì. Sebbene Benny fosse consapevole
della situazione pericolosa in cui si era cacciato suo fratello, non era in
grado di capire fin dove potesse spingersi Johnny. E questo, perché Dimitri
l’aveva protetta da quello schifo. Ne aveva passate così tante negli ultimi
anni, che lui non sopportava di vederla con il cuore spezzato a causa di quel
piccolo pezzo di merda d’un fratello.
― Dimitri?
― Sì? ― Combatté l’impulso di prendere tra le
mani il suo bel viso e cancellarle la tristezza con un bacio.
― Perché pensi che abbia bisogno di denaro?
― Si leccò nervosamente le labbra, attirando lo sguardo di Dimitri sulla sua
bocca. ― Droghe? Peggio?
― Non lo so ― mentì. ― Potrebbe essere
qualsiasi cosa. Forse qualcosa di stupido come alcol o gioco d’azzardo.
Lei sostenne il suo sguardo. ― Non credo.
Temo possa essere qualcosa di molto più serio.
Dimitri non ebbe cuore di confermare i suoi
sospetti. Trecento dollari sarebbero stati sufficienti per comprare un’arma
priva di contrassegni e una scatola di munizioni da uno dei trafficanti
clandestini che battevano quella zona.
Se Johnny pensava di aver bisogno di una pistola per difendersi,
significava che Benny non era al sicuro. Gli si annodò lo stomaco all’idea che
la ragazza venisse ferita a causa delle stupide scelte del fratello.
― Ascolta ― disse strofinando le mani sulle
sue cosce coperte dai jeans. ― Perché non sali nel mio appartamento? Permettimi
di prepararti qualcosa da mangiare.
E tenerti d’occhio...
― Oh, Dimitri, non devi offrirti di farmi la
cena. Sto bene.
― Voglio farlo. ― Non aggiunse che voleva
fare molto più di quello con lei.
Da più di un anno era segretamente
innamorato di Benny. Il passaggio dall’amicizia a qualcosa di più era avvenuto
così lentamente, da non rendersi pienamente conto di quello che provava per lei
fino al giorno in cui la nonna di Benny era morta.
Sopraffatta dal dolore, Benny si era
precipitata tra le sue braccia e lui l’aveva cullata, tenendola in braccio mentre
piangeva. Gli era sembrata la cosa più naturale del mondo, e non avrebbe mai
voluto lasciarla andare. Solo allora Dimitri era stato sopraffatto dalla
consapevolezza di amarla.
Ma non era stato abbastanza coraggioso da
confessarlo. Né aveva trovato il coraggio di farlo in seguito. Le poche volte
che era stato lì lì per invitare Benny a uscire a cena o per un aperitivo,
aveva sempre finito per tirarsi indietro. Conosceva bene gli enormi fardelli
che Benny portava in spalla, e gli piaceva il fatto che si sentisse a suo agio
nel rivolgersi a lui, quando aveva bisogno di aiuto. L’idea che una mossa da
parte sua potesse sconvolgere l’equilibrio della loro amicizia, o allontanarla
da lui, gli impediva di correre il rischio.
Spostando le mani sulle sue ginocchia rivestite
di jeans, le disse. ― Apriremo una bottiglia di vino e ti rilasserai mentre io
cucino qualcosa di buono. E parleremo. Troveremo un modo per affrontare Johnny
e i suoi disastri. Okay?
Qualcosa balenò nei suoi occhi scuri.
Interesse, forse? Non osava sperare nulla di più.
Con un sorriso, lei acconsentì. ― Okay.
― Meraviglioso. ― Dimitri si alzò e indicò
la scrivania. ― Riconta il denaro. Io mi occupo di controllare la lista e di
chiudere la porta sul retro.
Benny gli porse le chiavi e la cartellina.
Le loro dita si sfiorarono brevemente e il calore bruciante di quel tocco gli
provocò un crampo allo stomaco. Non poteva fare a meno di chiedersi come
sarebbe stato se quelle piccole, morbide mani avessero toccato altre parti di
lui.
Fece un passo indietro. ― Vieni quando sei
pronta.
― Lo farò.
Velocemente, Dimitri uscì dall’ufficio e
tornò nel magazzino. Con la lista in mano, controllò e ricontrollò i prodotti
consegnati prima di chiudere a chiave e spegnere le luci. La sentì raggiungere
il retro della pasticceria e aspettò che lo raggiungesse. Il suo dolce profumo,
un pizzico di vaniglia e di cannella, lo avviluppò, rendendolo ben conscio
della sua presenza. Gli ci volle ogni briciola di autocontrollo per impedirsi
di allungare una mano e attirarla a sé, nel buio.
La sua voce gentile lo accarezzò. ― Sono
pronta.
Dio, come desiderava che fosse vero.
2
Un’ora e mezza più tardi, sprofondai nel
comodo angolo del divano di Dimitri e appoggiai i piedi nudi sul cuscino. Aveva
insistito perché mi togliessi le scarpe nel momento in cui avevo varcato la
porta. Dopo essere stata in piedi tutto il giorno, era ben felice di soddisfare
quella richiesta.
Ero stata nel suo appartamento solo qualche
volta, da quando aveva firmato il suo primo contratto d’affitto cinque anni
prima, e ogni volta notavo qualcosa di diverso. Quella sera si trattava delle
foto che aveva appeso sulla parete più lontana. Alcune risalivano ai tempi in
cui militava nell’esercito russo, nelle forze speciali. Un berretto marrone in
una zona d’ombra catturò la mia attenzione. Non avevo mai indagato sul suo
lavoro nell’ambito dei corpi scelti, ma era bastata una breve googlata per
rendermi conto dei pericoli che Dimitri aveva dovuto affrontare, e di quelli
che era riuscito a scampare durante la lotta contro i terroristi e le guerre in
corso mentre era in servizio.
Individuai delle facce famigliari nelle foto
scattate durante la sua permanenza a Houston. Ivan, Yuri e Nikolai, gli amici
d’infanzia russi, apparivano nella maggior parte degli scatti. Tutti gli uomini
mostravano la medesima predisposizione al comando. Quel tipo d’uomo che
incontravi una volta ma non dimenticavi mai più.
Indugiai con lo sguardo su un ritaglio di
giornale incorniciato. Due anni prima, il giornale aveva pubblicato una serie
di articoli settimanali relativi a imprese di successo condotte da immigrati.
Avevano intervistato mia nonna per un loro numero, e la settimana successiva
era stata presentato l’istituto di vigilanza privato di Dimitri. Avvalendosi
della sua esperienza in campo militare e usufruendo di capitali derivati da un
investimento proficuo di multiproprietà, Dimitri aveva fondato una piccola
ditta che selezionava e addestrava personale incaricato della sicurezza per i
locali più alla moda della città. Alcune delle guardie del corpo erano
impiegate in luoghi come la palestra di arti marziali miste di Ivan.
Con tutti i soldi che aveva, spesso mi
chiedevo perché diamine fosse rimasto in questo appartamento. Anche dopo i
miglioramenti che aveva apportato, come i pavimenti in legno e le meravigliose
piastrelle, rimaneva un appartamento senza cortile e con pochissima privacy.
Dimitri finì di caricare la lavastoviglie e
mi raggiunse nel soggiorno. Cercò di versare dell’altro vino, ma io coprii il
bicchiere con una mano. ― Non dovrei.
― Dovresti. ― Gentilmente, spinse da parte
le mie dita e versò un po’ del ricco vino rosso scuro. ― È il tuo secondo
bicchiere. Goditelo. Rilassati.
Era la parte che riguardava il rilassarsi, a
preoccuparmi di più. Essere in casa sua, seduta alla sua tavola a mangiare la
deliziosa cena che aveva cucinato per me, era stato più bello di quanto avessi
immaginato. Quell’offerta amichevole mi aveva mostrato uno scorcio di quello
che agognavo da tanto tempo. Cercai di ignorare la fitta di desiderio che si faceva
sempre più intensa.
Perché non mi vedi?
Dimitri si sistemò sull’altra estremità del
divano e si voltò a guardarmi. Con un piede sul ginocchio, sembrava a suo agio.
― Parliamo di affari.
Sorseggiai il vino e feci una smorfia
all’idea di aprire quel Vaso di Pandora pieno di incubi fiscali. ― Sarebbe
meglio di no.
― No ― disse lui con fermezza. ― Devi
parlarne. È evidente che il pensiero ti sta divorando. Sono terrorizzato
all’idea che tutto questo stress ti provochi un infarto o un ictus. ― Toccò il
mio piede nudo con la punta del suo stivale. ― Parla.
Come potevo negargli qualcosa?
Con un sospiro, iniziai: ― Faccio fatica a
sbarcare il lunario. ― Poiché quella non era proprio la verità e detestavo
nascondergli qualcosa, mi spiegai meglio. ― In realtà, sto praticamente tenendo
tutto insieme con la gomma da masticare e il nastro adesivo. Va... male. ― Mi
si torsero le viscere quando ammisi: ― Sono dieci mesi che non mi trattengo lo
stipendio, e la settimana scorsa mi sono ritirata dalle lezioni, perché non
posso più permettermi di andare avanti, ora come ora. Volevo prendere la
laurea, ma al momento, non è fattibile.
Dimitri emise un suono scioccato. ― Dieci
mesi, Benny? Come diavolo fai a sopravvivere?
― Avevo del denaro che mi era rimasto dalla
polizza sulla vita di mamma e papà. Sto per esaurire anche quel fondo, quindi
devo fare tagli drastici al bilancio familiare.
― Perché diavolo non me l’hai detto? Ti
avrei prestato del denaro!
Mi agitai, a disagio. ― Non voglio il tuo
denaro, Dimitri. Renderebbe le cose troppo strane. Niente soldi tra amici,
giusto?
I suoi occhi azzurro chiaro sembrarono
scurirsi. Intuivo che volesse dire qualcosa, ma poi parve ripensarci. Invece,
chiese: ― Puoi recuperare?
Annuii. ― Sarà doloroso, ma sì.
― Come?
Tracciai con il dito il bordo del bicchiere.
― Venderò la casa.
Dimitri si irrigidì. ― La tua casa? Ma dove
andrai a vivere?
― Non ne sono sicura. Probabilmente cercherò
un appartamento più vicino alla pasticceria. ― Sforzandomi di sentirmi meglio
all’idea di perdere la casa dove sono cresciuta, aggiunsi: ― Johnny e io non
abbiamo bisogno di molto spazio. Non siamo mai a casa e non ci godiamo il
giardino, e neppure la piscina. Il mercato immobiliare è in fermento nel nostro
quartiere. Abbiamo la completa proprietà, quindi spero di ottenere dalla
vendita abbastanza da coprire i debiti
dell’azienda.
Dimitri buttò giù il resto del vino e posò
il bicchiere. ― Dovresti trasferirti qui.
Dapprima non riuscii a capire. Il vino mi
aveva reso un tantino confusa. Poi il significato mi colpì. ― Te ne vai da qui?
Quando? ― La mia voce si fece più acuta mentre parlavo, ma dovevo sapere. ―
Perché?
Lui mi osservò così attentamente da farmi
rizzare i peli sulle braccia e i capelli sulla nuca. ― È arrivato il momento.
Questa sistemazione doveva essere provvisoria fin dall’inizio, ma mi ci trovavo
bene.
― E non è una buona cosa? ― non riuscivo a
credere quanto suonassi patetica.
― Certo ― rispose Dimitri gentilmente. ― Ma
quel casino che è successo di sotto mi ha dimostrato che è ora che me ne vada.
― Non capisco.
― Non avrei dovuto immischiarmi tra te e
Johnny, stasera. Ogni volta che mi intrometto, lui ti tratta male. Cerco di
aiutarti, ma peggioro solo le cose.
― Non è vero. So che hai tirato fuori Johnny
da certi brutti guai. ― Lui fece per negare ma scossi il capo. ― Ne ho sentito
parlare, Dimitri. So che ti sei esposto per lui, e più di una volta. Non... non
so cosa farei se non ti avessi qui.
― Anche se non vivessi qui, ci sarei sempre
per te e Johnny.
Era di conforto, ma non alleviava la stretta
dolorosa che mi serrava il cuore. ― Temo che Johnny si caccerà in guai seri,
uno di questi giorni.
Dimitri sospirò lentamente. ― Non è facile
diventare uomo, Benny. Per qualcuno è più semplice. Se Johnny vuole giocare a
fare l’adulto, lascia che ne paghi le conseguenze.
L’idea che Johnny si facesse del male, mi
fece venire mal di stomaco. ― Non so se ci riesco.
― Devi tagliare il cordone ombelicale. ―
Mimò le forbici con le dita. ― Hai già tante cose a cui pensare senza doverti
preoccupare anche per Johnny. Dio, Benny, meriti di avere una vita tua.
Sbuffai piano. ― Una vita? Non ricordo
nemmeno cosa significhi ― confessai, la lingua sciolta grazie al vino. ― Non ho
un appuntamento da quasi due anni. Diavolo, non ricordo neppure quand’è stata
l’ultima volta che ho baciato qualcuno, o che ho fatto sesso.
L’istante in cui quell’imbarazzante
confessione mi sfuggì dalle labbra, desiderai morire. Abbassai lo sguardo sulle
mie ginocchia, e pregai di essere inghiottita dalle viscere della terra.
Trattenni il respiro quando Dimitri si
mosse. Pregai che non dicesse qualcosa di banale, o che se ne uscisse con
qualche battuta imbarazzante per alleviare la mia gaffe. Quando le sue dita si
chiusero attorno al mio bicchiere di vino, glielo lasciai prendere. Il messaggio
era chiaro. Mi stava chiudendo la bocca.
Ma poi, fece la cosa più scioccante. Scivolò
verso di me, avvicinandosi fino a far toccare le nostre cosce. Con quelle
grandi e forti mani mi prese il viso e mi obbligò ad alzare lo sguardo su di
lui. Sentii l’aria uscire dai polmoni quando i nostri occhi si incontrarono.
― Abbiamo appena spezzato la catena.
Battei le palpebre. ― Cosa?
Con il pollice disegnò dei pigri cerchi
sulla mia pelle. ― Abbiamo appena avuto un appuntamento.
Sentendomi un po’ stordita, gli chiesi: ―
Davvero?
E poi, mi baciò.
Trattenni il respiro, mentre le sue labbra
si muovevano sulle mie, in un bacio così tenero e dolce da stupirmi. Fuochi
d’artificio immaginari esplosero intorno a me, quando Dimitri approfondì il
bacio, osando passare la lingua sulle mie labbra, inducendomi ad accoglierlo.
Mi aggrappai alle sue braccia e lui affondò nella mia bocca, baciandomi come
nessun uomo aveva mai fatto. Mi sciolsi nel suo caldo abbraccio, e pregai che
quel momento non finisse mai.
Quando si staccò, provai un fremito di
imbarazzo nel realizzare quanto era accaduto. Non riuscivo a guardarlo negli
occhi. ― Non dovevi farlo.
― Fare cosa? ― chiese lui piano, sfiorandomi
con le dita le punte della mia coda di cavallo.
Con il viso in fiamme, risposi: ― Non ho
bisogno che mi baci per pietà, Dimitri.
Lui mi afferrò il mento, inducendomi a
guardarlo negli occhi. Fui sorpresa nel cogliere la sua frustazione più che
evidente sul suo bel volto. ― È questo che pensi? Che provo pietà per te?
Spalancai la bocca. ― Non lo so. Intendo...
guardati. Sei così fuori dalla mia portata.
― Portata? ― ringhiò lui con disgusto. ―
Gesù, Benny, è questo che pensi? Che non io ti trovi attraente?
― Io...
Mi interruppe con un altro bacio, questa
volta punitivo ed esigente. Poi mi afferrò per la vita, prendendomi in braccio
con una facilità che mi tolse il respiro. Le sue mani scesero lungo la mia
schiena fino a fermarsi sul sedere per stringerlo con passione, lasciandomi
tremante sopra di lui. D'un tratto quei jeans si erano fatti molto stretti. ―
Dimitri...
― Zitta ― sussurrò lui, e mi baciò di nuovo.
― Lo sai cosa vedo quando ti guardo?
Semplicemente scossi la testa, mi sentivo
totalmente smarrita e fuori fase.
― Vedo i più begli occhi castani e le labbra
più seducenti. ― Strofinò il naso contro il mio. ― Se solo sapessi quante notti
ho sognato di avere le tue labbra morbide e gonfie su di me.
Spalancai gli occhi a quella ammissione. In
preda alle vertigini per la sorpresa e il desiderio, non riuscivo a credere a
quanto stava accadendo. Stavo sognando?
Dimitri spostò la mano sinistra, facendola
scivolare dal mio sedere sul davanti. Mi palpò il seno attraverso il sottile
cotone della maglietta da forno. ― Ho fantasticato di vederti nuda. Ho
immaginato come sarebbe leccare e baciare il tuo seno, mentre sei schiacciata
sotto di me, nel mio letto. ― Con l’altra mano diede al mio sedere una lieve
sculacciata. ― Alcune notti mi accarezzo e immagino come sarebbe mentre mi
cavalchi, con il tuo sedere che mi rimbalza in grembo e tu che mi avvolgi
stretta e umida quando raggiungi l’orgasmo.
Senza respiro, iniziai a tremare. Correnti
incandescenti mi attraversarono. Stava davvero succedendo? La mia coscienza
cinica gridò che si trattava di una specie di scherzo colossale, ma lo sguardo
affamato negli occhi chiari di Dimitri mi assicurava che lui faceva sul serio.
Lui voleva me!
Dimitri risalì con la mano sulla mia nuca e
mi attrasse a sé per un altro dei suoi baci selvaggi e sensuali. Mi si
arricciarono le dita dei piedi sul divano, mentre la sua lingua guizzava nella
mia bocca. Mi morse il labbro inferiore. ― Stanotte starai con me.
Deglutii. ― Ah sì?
Mi scoccò un sorriso diabolicamente sexy. ―
Sì.
D’un tratto, mi sentii estremamente a
disagio. Lavoravo la pasta, glassavo vassoi di pastine, correndo dalla cucina
torrida all’affollata sala del mio locale: era un lavoro duro e sudavo tutto il
giorno. Non mi sentivo affatto sexy. ― Potrei, ehm, almeno farmi una doccia
prima? ― chiesi nervosamente.
Lui ridacchiò e mi baciò di nuovo. ― Solo se
la facciamo insieme.
― Oh! ― mi morsi il labbro inferiore. L’idea
che Dimitri mi vedesse completamente nuda sotto le luci brillanti del suo
bagno, mi rendeva ancora più nervosa. ― Be’...
― Non era una richiesta. ― Mi spostò
sollevandomi dalle sue ginocchia e mi strinse la mano mentre si alzava. Ebbi la
sensazione che temesse sarei scappata, se mi avesse lasciata andare.
Probabilmente aveva ragione. Anche se avevo sempre sognato di passare una notte
con Dimitri, ora che la fantasia stava diventando realtà, sentivo il coraggio
abbandonarmi.
Senza dire niente, mi portò con sé. Mi
trascinò alla porta d’ingresso, che chiuse con il catenaccio, e poi attraverso
il soggiorno, verso la camera sul retro dell’appartamento. Riuscivo a malapena
a credere che tutto ciò stesse accadendo. Ero sicura che presto mi sarei
svegliata di soprassalto, ritrovandomi accasciata sulla scrivania, svenuta per
la stanchezza, dopo aver lavorato ventiquattrore al giorno per mesi.
Ma era reale. Stava succedendo davvero.
Tremavo quando raggiungemmo il suo bagno.
Non ci ero mai entrata da quando lui si era trasferito nell’appartamento.
Sapevo che aveva fatto dei lavori; Abuelita gli riconosceva uno sconto
sull’affitto ogni volta che apportava dei miglioramenti, ma non avevo idea che
fosse così bello. Le piastrelle di vetro blu chiaro della doccia rendevano
l’ambiente molto più grande. Aveva cambiato la rubinetteria con qualcosa di più
elegante e moderno.
Dopo aver aperto l’acqua e regolato la
temperatura, Dimitri si voltò verso di me. Per un lungo momento, ci limitammo a
guardarci. Lui si sfilò gli stivali con i piedi e si tolse i calzini. Quando le
sue dita iniziarono a sbottonare la camicia grigio acciaio, un brivido di
eccitazione mi attraversò. Sgranai gli occhi per l’ammirazione, quando si sfilò
l’indumento.
Incredibilmente tonici, i suoi muscoli magri
si contrassero durante i movimenti. Il mio sguardo lo percorse, godendo di ogni
centimetro di quel torace terribilmente sexy, cosparso di vecchie ferite e
cicatrici. Capii perché non parlava mai del periodo in cui era stato
nell’esercito russo. Dubitavo che fossero ricordi piacevoli.
Quando si voltò per lasciare cadere la
camicia nel cesto contro la parete, colsi il tatuaggio che copriva la maggior
parte della sua schiena. Era bellissimo, a colori vivaci e dalle pesanti linee
scure. A differenza di quelli che avevo visto sulle mani di Ivan, che
raccontavano dei suoi trascorsi in carcere, il tatuaggio sulla schiena di
Dimitri mostrava una notevole abilità e talento.
― Una fenice? ― chiesi, sorpresa che avesse
scelto quella figura mitica.
Lui fece un sorriso divertito. ― Perché ti
sorprende?
― Non lo so. Suppongo che mi sarei aspettata
che avessi dei tatuaggi più... ― Cercai la parola giusta. ― Primitivi.
Primordiali.
― L’ho fatto quando ho lasciato il servizio
militare e sono venuto qui. ― Si indicò la schiena. ― Sembrava una buona
rappresentazione del cambiamento che stavo per affrontare. Qui, in questo
paese, potevo essere quello che volevo. Ricominciavo dalle ceneri della mia
vecchia vita.
Il suo ragionamento filava. Come nipote di
immigranti, capivo la sua storia e mi ci ritrovavo. Dalla nascita, i miei nonni
mi avevano inculcato nella testa quanto fossi fortunata a essere nata qui, un
posto dove tutto era possibile, a patto di lavorare duro e con dedizione.
― Ti capisco, Dimitri.
― Sapevo che l’avresti fatto. ― Iniziò a
slacciarsi la cintura e il mio cuore cominciò a correre. Il bum-bum-bum del
sangue che mi martellava nei timpani accompagnò la scoperta che Dimitri
preferiva i boxer. Pensavo che li avrebbe tenuti, invece ne scivolò fuori senza
un attimo di esitazione.
Tutto ciò che riuscii a fare fu impedire
alla mia mascella di cadere sul pavimento. Il suo magnifico membro sporgeva dai
riccioli ben curati e puntava diritto verso di me. Qualunque dubbio
sull’attrazione che nutriva nei miei confronti, svanì in un istante. Non si
poteva fingere quella reazione.
Dimitri fece un passo verso di me, e io ne
feci uno indietro. Il suo sorriso si fece scherzoso, e continuò ad avanzare.
Con una mano, chiuse la porta e mi ci spinse contro. Bloccata tra il duro corpo
di Dimitri e il legno della porta alle mie spalle, non avevo altra scelta se
non arrendermi alla sua bocca e alle sue mani che vagano sul mio corpo. La
testa vermiglia del suo grosso membro si strofinò sul mio ventre, e la mia
mente si riempì di pensieri audaci.
Il mio cervello cominciò a incepparsi,
mentre i suoi palmi ruvidi scivolavano sotto la maglietta per accarezzarmi la
pelle nuda. Un fiotto di calore mi inondò. Strinsi le cosce per alleviare il
palpito. Anni trascorsi a farmi in quattro mentre mia nonna combatteva,
perdendola, la sua battaglia contro il cancro, unitamente a mio fratello che
andava e fuori controllo e la mia attività che rischiava di chiudere, mi
avevano devastata. Il mio corpo aveva imparato ad andare avanti per inerzia,
uccidendo la mia libido.
Ma le forti mani di Dimitri, che si
muovevano sulla mia pelle, riattizzarono le braci del mio desiderio. Con le sue
labbra sul collo, le fiamme della passione divamparono dentro di me. La mia
pelle bruciava sotto il suo tocco e mi inarcai contro di lui, accogliendo i
lampi di eccitazione che aveva risvegliato con la bocca e le mani.
Inginocchiandosi di fronte a me, i nostri
occhi erano quasi allo stesso livello. Ero alta poco più di un metro e
cinquanta, e lui mi superava di almeno trenta centimetri. Sorrise malizioso,
prima di baciarmi. Di certo, stava pensando a quanto saremmo sembrati strani,
in quel momento.
Quando mi afferrò il bordo della maglietta,
sollevai le braccia e lasciai che me la sfilasse dalla testa. Lì in piedi, con
il solo reggiseno davanti a lui, fui grata di aver indossato un bel completino
di intimo. La stampa viola brillante a pois bianchi era più spiritosa che sexy,
ma almeno non avevo scelto il reggiseno sportivo super confortevole e gli slip
che spesso indossavo mezza addormentata al mattino.
Dimitri mi abbassò i jeans sui fianchi.
Ringraziai la buona sorte perché avevo avuto il tempo di radermi sotto la
doccia. Mi sentii morire al pensiero delle mani di Dimitri che mi accarezzavano
le gambe ricoperte dai peli duri della ricrescita.
Deglutii quando lui allungò le mani sulla
mia schiena, per slacciarmi il reggiseno e sfilarlo con cura. Feci per portarmi
una mano sul seno nudo ma lui mi fermò.
― No ― sussurrò lui. ― Voglio vederti. ― Mi
sfiorò il capezzolo con le labbra. ― Tutta.
Ansimai quando la sua lingua tracciò
lentamente il bocciolo duro. Lo succhiò gentilmente, tirandolo tra le labbra
calde e leccandolo con la lingua. Le mie mani andarono sulle sue spalle, mentre
mi tormentava con la bocca. Con il ventre che sussultava, mi aggrappai alle sue
forti braccia come se ne dipendesse la mia vita.
Dimitri mosse la mani sui miei fianchi,
facendo scorrere le mutandine lungo le cosce. Una volta liberata
dell’indumento, strinsi le ginocchia inondata dall’ansia, cercando di
concentrarmi sui miei problemi, ma era così difficile. Lui mi accarezzò
gentilmente la pelle nuda, come se avesse a che fare con una creatura inquieta.
― Vorrei che tu potessi vedere quanto sei bella ai miei occhi.
Lo fissai negli occhi azzurri e mi resi
conto che diceva sul serio. Non cercava di essere gentile o di lusingarmi per
qualche secondo motivo. Mi accorsi che non aveva notato tutte quelle piccole
imperfezioni del mio corpo che mi facevano diventare matta. Lui vedeva me, la
vera me.
E pensava che fossi bella.
Le sue labbra mi sfiorarono la clavicola. ―
Fortunatamente, ho tutta la notte per mostrartelo.
Rabbrividii quando mi fu chiaro il peso
delle sue parole. Sarebbe stata una notte che non avrei mai dimenticato.
***
Quando condusse Benny nella doccia, Dimitri
era talmente eccitato che avrebbe potuto sfondare il cemento. Il desiderio di
avvolgersi le sue piccole gambe attorno alla vita e immergersi dentro di lei,
minacciava di privarlo totalmente del controllo. In qualche modo però, riuscì a
tenere a bada i suoi istinti. Benny meritava di essere sedotta con languida
tenerezza prima di venire a conscenza del vero piacere. Dimitri voleva
guardarla venire e arrendersi alla passione che aveva dentro, e quello avrebbe
richiesto del tempo.
Ancora non riusciva a credere che la notte
stesse evolvendo in quel modo. Quando l’aveva invitata a cena nel suo
appartamento, aveva davvero voluto tenerla al sicuro e aiutarla a liberarsi di
alcuni dei fardelli che gravavano così pesantemente sulle sue spalle. Aveva
pensato che forse avrebbe trovato il coraggio di baciarla, se fosse venuto il
momento giusto. Neppure nei suoi sogni più audaci aveva immaginato che sarebbe
stata lei a regalargli l’occasione perfetta per fare la prima mossa.
Aveva visto l’imbarazzo sul suo viso nel
momento in cui aveva ammesso da quanto tempo non aveva un amante. In quel
momento aveva intravisto l’occasione e l’aveva colta al volo. Sentirle dire che
non si considerava al suo livello, l’aveva profondamente ferito. Aveva la
sensazione che avrebbe dovuto rassicurarla. Prima che quella notte fosse
finita, avrebbe fatto in modo di liberarla da quegli sciocchi pregiudizi.
Si spostò sotto il getto di acqua bollente.
Benny rimase vicino alla porta di vetro per raccogliere la coda di cavallo in
un nodo disordinato. Nel momento in cui ebbe finito, Dimitri non perse tempo ad
afferrarla per condurla dentro la doccia. Lei entrò volentieri, scivolando tra
le sue braccia e premendo la guancia sul suo petto. Dimitri chiuse gli occhi
mentre assaporava la sensazione di stringere quel piccolo corpo morbido.
Eccitazione e agitazione conferivano alla
sua pelle setosa una sfumatura rosea. Con i capelli e gli occhi scuri, Benny
richiamava maggiormente i tratti latino americani della madre, mentre Johnny
aveva preso tutto dal padre, che era biondo con gli occhi verdi. Dimitri spesso
si chiedeva se non fosse proprio quello il motivo per cui Johnny si era
immischiato con la banda degli Hermanos. Il ragazzo compensava la mancanza di
tratti ispanici bazzicando le gang, convinto di poter dimostrare così di essere
altrettanto ispanico, se non più degli altri ragazzi.
Non volendo permettere al pensiero di quel
piccolo bastardo di rovinargli serata, Dimitri si concentrò unicamente su
Benny. Si insaponò i palmi e si prese tutto il tempo per passare le mani sulle
curve della ragazza. La sua pelle nuda gli conferiva una sensazione
dannatamente bella sotto le dita. Non vedeva l’ora di averla nel suo letto,
così da poter fare molto più che accarezzarla.
I respiri di Benny si fecero più profondi
mentre gli occhi parvero incupirsi. Le catturò la bocca e lentamente la fece
indietreggiare, spingendola contro le piastrelle. Lei gemette quando scese con
le mani sulla morbida curva del ventre, e poi fra le sue cosce. Quasi
istantaneamente, la sentì irrigidirsi. Interruppe il bacio e la scrutò negli
occhi scuri. Il lampo di panico che le accese lo sguardo era inequivocabile.
Senza muovere la mano, le chiese: ― Vuoi che mi fermi?
Lei deglutì. ― No.
Le strofinò il naso con il proprio. ― Ma hai
paura di continuare?
― Sì. ― Il suo bisbiglio gli sfiorò
l’orecchio.
Comprendendo il suo stato d’animo, Dimitri
decise che forse era tempo di assumere un ruolo di maggior controllo. Finché
non si fosse sentita a suo agio nel chiedere quello che voleva o
nell’arrendersi alla passione che sbocciava dentro di lei, Benny avrebbe avuto
bisogno della sua guida.
― Faremo un gioco.
Lei batté le palpebre, sorpresa. ― Cosa?
― Un gioco ― le confermò baciandola teneramente.
Sentì che un po’ della tensione l’abbandonava mentre le accarezzava dolcemente
il ventre e le sfiorava le labbra con le proprie.
Benny strinse gli occhi, sospettosa. ― Che
tipo di gioco?
Lui sorrise. ― Il tipo di gioco che ti
piacerà molto. ― Le sfiorò il capezzolo con un dito insaponato, finché non si
indurì. ― Per il resto della notte, ti priverò della possibilità di dire no.
Lei ansimò per l’indignazione, ma lui le
coprì la bocca con un bacio, intrecciando la lingua con la sua. Colse il gusto
del vino e la lieve dolcezza delle ciliegie che le aveva servito come dessert.
Le passò il palmo sul seno, tirandole il capezzolo, pizzicandolo abbastanza da
farla gemere.
Quando la rese vulnerabile e pronta ad
ascoltare, le spiegò: ― Ti chiederò come ti senti quando ti tocco, o ti bacio,
o faccio l’amore con te. Tu puoi rispondere rosso, verde o giallo, e io mi
adeguerò di conseguenza.
Osservò le emozioni contrastanti che
correvano sul suo viso. Per una donna abituata ad avere sempre il controllo,
non sarebbe stato facile. Si aspettava che piantasse i piedi e che si
opponesse, ma lo sorprese il suo gesto affermativo. Leggermente senza fiato,
gli disse semplicemente: ― Verde.
Un sorriso gli sollevò gli angoli della
bocca. Fece scivolare la mano dal fianco fino al sedere, prendendolo a coppa.
Aveva un fondoschiena delizioso, perfetto da strizzare e sculacciare.
L’immagine di Benny che sobbalzava sul suo grembo, mentre lui le stringeva tra
le mani il sedere per guidarla su e giù sulla sua erezione, gli provocò una
sensazione quasi dolorosa alle parti basse.
Presto, si ripromise. Ma ora? Questo era
solo per Benny, e le sue necessità.
Inchiodandole lo sguardo, Dimitri scese con
la mano ancora più giù. La obbligò ad aprire le cosce e le chiuse il monte di
Venere nella mano. Lei inspirò bruscamente, mentre lui le accarezzava
l’apertura della vagina con la punta delle dita. Voleva portarla al limite, per
cui continuò a stuzzicarla. ― È sempre verde?
― S-sì ― balbettò lei, il respiro che si
faceva sempre più affannoso. ― Molto, molto verde. Il verde più brillante che
tu abbia mai visto ― aggiunse con una risatina.
Dimitri ridacchiò a quella battuta
spiritosa, e le diede esattamente quello che voleva. Le aprì le tenere pieghe
ed espose il clitoride. La protuberanza gonfia reagì alla punta del
polpastrello, facendola rabbrividire. Le sue mani scivolarono sulle piastrelle,
quando le alzò cercando disperatamente un appiglio. Dimitri posò la fronte
sulla sua, i loro respiri si mischiarono, mentre disegnava dei cerchi attorno al
clitoride.
La osservò incantato mentre la sua
espressione cambiava. Voleva imprimersi tutti i dettagli nella mente, così la
scrutò mentre lei raggiungeva l’orgasmo con il suo grido strozzato che
echeggiava nella doccia. Dimitri prese nota del modo in cui il collo si
arrossava e delle sue labbra che si aprivano. Osservò il suo corpo che si
irrigidiva e i respiri quasi colmi di panico, prima di venire.
Vederla raggiungere il piacere stuzzicò il
suo appetito. Voleva vederla venire ancora, e ancora. E voleva farlo adesso.
3
Ancora non avevo riacquistato la capacità di
respirare normalmente, quando Dimitri chiuse la doccia e mi aiutò a uscirne.
Gocciolando sul tappetino, accolsi con gratitudine il calore dell’asciugamano
con cui mi avvolse. Cercai di non permettere all’ansia di invadermi, ma nemmeno
quell’orgasmo incredibilmente rapido che mi aveva appena regalato sotto la
doccia, poteva smorzare il mio terribile imbarazzo.
Probabilmente, anche Dimitri lo percepì. Si
chiuse un asciugamano intorno alla vita prima di girarsi verso di me. Non
riuscivo a credere che volesse asciugarmi, ma non avrei detto no alle sue
grandi mani che si muovevano sul mio corpo. Il suo tocco mi calmò i nervi.
Quando fui asciutta, mi prese per mano e mi
guidò in camera. Mi si inaridì la bocca alla vista del letto. L’orgasmo che mi
aveva provocato nella doccia era stato più intenso di tutti quelli che mi ero
procurata da sola. Raggiungere il culmine non era facile per me. In fondo alla
mia mente, riconobbi che si trattava di una questione di controllo. È difficile
lasciarsi andare e godere del momento, se continui a rimuginare su ogni singolo
istante di un incontro sessuale.
La presenza dominante di Dimitri e la mia
incapacità di oppormi mi avevano spiazzata. L’idea che avrebbe preso da me esattamente
ciò che voleva, mi aveva eccitata molto. Non lo capivo. Iniziai a chiedermi se
fossi una di quelle ragazze. Avevo letto qualcosa su alcuni dei miei libri più
erotici, ma non avevo mai pensato di aver bisogno, o di volere cedere il
controllo a un uomo.
Oppure, si trattava semplicemente del fatto
che volevo consegnare il controllo nelle mani di Dimitri. Forse lui era la
ragione per cui questa esperienza era sembrata così diversa ed eccitante.
Mi venne così vicino che la punta del suo
membro sfiorò la mia schiena. Il mio clitoride pulsò spietatamente mentre il
calore del suo corpo mi avvolgeva. Chiusi gli occhi mentre mi toglieva con
destrezza l’elastico giallo brillante che mi tratteneva i capelli. Passò le
dita nelle onde scure, sfiorandomi leggero con le unghie sul cuoio capelluto e
facendomi formicolare la pelle.
Quando le sue mani scesero sulle mie spalle,
mi irrigidii. Lui se ne accorse, perché le sue dita allentarono istantaneamente
la stretta. Sentendomi in imbarazzo, sussurrai: ― Mi dispiace, Dimitri. Non è
colpa tua. Sono io. Sono così...
― Shh. ― Il suo fiato caldo mi sfiorò
l’orecchio. Mi tempestò il collo con una scia di baci leggeri, facendomi venire
la pelle d’oca. ― Capisco. Ti aiuterò a rilassarti.
― Come?
Si allontanò da me e strappò le coperte dal
letto, facendole ricadere in un mucchio disordinato nell’angolo. ― Sali sul
letto, Benny. ― La sua voce era bassa e roca. ― E sdraiati sulla schiena.
Tremando, feci come mi aveva detto. Deglutii
a fatica e lo guardai scomparire nell’armadio. Lo sentii aprire un cassetto e
richiuderlo. Quando tornò aveva delle strane cinghie nere nelle mani. Il mio
ventre si contrasse selvaggiamente. Aveva intenzione di legarmi?
Dimitri mise un ginocchio sul letto. ―
Presumo, dall’espressione sul tuo viso, che tu sappia cosa sono queste.
Deglutii. ― Sì.
― Le hai mai usate?
― No, ma ne ho letto sui libri.
Lui rise. ― Ricordami di controllare i tuoi
scaffali, la prossima volta che vengo a casa tua.
Udii lo strappo della chiusura, quando aprì
una delle cinghie per i polsi. Cominciando a nutrire seri dubbi, iniziai a
protestare. ― Dimitri, non credo che...
Fece schioccare la lingua e scosse il dito.
― Rosso, verde o giallo?
Mi accigliai irritata, ma sapevo che non si
sarebbe lasciato influenzare. Alla fine risposi: ― Giallo.
― Brava ragazza. ― Apparentemente
soddisfatto che seguissi le sue istruzioni, Dimitri abbassò la mano,
lasciandola scorrere sul mio polpaccio, su verso il ginocchio, e poi di nuovo
giù. ― Ti piace leggere storie dove le donne vengono legate dai loro amanti, ma
non sei sicura di volerlo provare nella realtà.
Aveva fatto centro al primo colpo. ―
Fondamentalmente.
― Sai cosa penso?
― No, ma sono sicura che stai per dirmelo.
Diede alla mia coscia un pizzicotto
scherzoso. ― Ringrazia che non mi piace sculacciarti, Benny. Altrimenti, mi
vedrei costretto a metterti a pancia in giù sulle mie gambe.
Sebbene consapevole del suo tono scherzoso,
tremai dentro di me. L’idea di essere sculacciata dal mio amante mi apparve
deliziosamente perversa ed erotica.
― Credo tu debba imparare a lasciarti andare
e rilassarti. La tua mente è sempre in movimento. ― Abbassò la bocca fino a
toccare il mio ginocchio, e poi la coscia. Arricciai le dita dei piedi sul
materasso, e trattenni il fiato. ― Stanotte sei qui per sentire. Solo sentire ―
aggiunse. ― Puoi farlo?
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