Estratto in #esclusiva (very hot): da "SEDUZIONE PERICOLOSA" di Lora Leigh

Cari lettori,
continuiamo la nostra collaborazione con la casa editrice Follie Letterarie, offrendovi come al solito un goloso estratto in #esclusiva, tratto da SEDUZIONE PERICOLOSA di Lora Leigh.

Grazie a Eleonora Morrea per la cortesia e buona lettura!!

Trama - Ethan Cooper è un ex Ranger dell’esercito che dopo un brutto incidente gestisce un bar malfamato per motociclisti in una piccola città del Texas.

Si gode la sua vita da cattivo ragazzo fatta notti di sesso infuocate senza tanti legami, fino a quando non posa gli occhi sulla sua nuova vicina, Sarah Fox.

L’attrazione fra i due è esplosiva, ma all’orizzonte l’oscuro passato di Sarah incombe e Ethan si ritroverà a fronteggiare la prova più difficile: dimostrare quanto Sarah significhi per lui.


***



ESTRATTO

1


Ethan Cooper guardò fuori dalla finestra, consapevole di avere un’espressione vuota. Poteva sentire i propri lineamenti irrigiditi dallo shock.
Attrazione.
Lussuria.
Doveva fare qualcosa. Ordinò a se stesso di muoversi, serrando i pugni e premendoli contro la parete accanto alla finestra della mansarda.
Si sarebbe mosso.
Entro un minuto.
Non appena fosse venuto nei jeans dopo aver assistito alla scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi stupefatti.
Non era colpa sua.
Si stava giustificando e lo sapeva benissimo. Il fatto era che si sentiva... traumatizzato. Sì, quella era la parola giusta. Troppo traumatizzato per muovere un solo muscolo e allontanarsi da quella finestra che dava sul cortile appartato della casa vicina.
Pervertito! Inveì contro se stesso.
Ma ciò non lo fermò. Era paralizzato, dentro di sé si era scatenato l’inferno, soprattutto per quanto riguardava una determinata zona tra le gambe. Stava praticamente spasimando di desiderio mentre osservava la timida, perfettina, Miss Sarah Fox, nuda come Dio l’aveva creata.
Le mani affusolate della donna si muovevano su quel corpo che scintillava sotto il sole.
Ethan chiuse gli occhi e deglutì a fatica. Doveva essere convinta di trovarsi nell’intimità della propria casa, certa che la recinzione che aveva fatto costruire attorno alla piscina, e che aveva pagato una cifra indecente, fosse sufficiente a proteggerla. Era convinta che nessuno potesse vederla e che la piscina fosse un luogo sicuro.
Ethan aprì gli occhi.
Sentì una goccia di sudore scivolargli sulla fronte e lungo la tempia, mentre la guardava passarsi le mani sui seni, chiuderle a coppa e con le dita roteare i capezzoli.
― Cristo ― ansimò, cogliendo un bagliore dorato.
Porca puttana.
Sentì il sesso che reagiva con vigore a quella vista. Maledizione, non riusciva quasi a respirare.
Miss Fox, la puritana, aveva i piercing ai capezzoli. Degli accidenti di anellini. Sotto quelle camicette sobrie e le gonne troppo lunghe, alla fine nascondeva dei fottuti piercing ai capezzoli?
Strinse i pugni, premendoli contro il telaio della finestra. Batté le palpebre per cacciare una goccia di sudore; non riusciva a distogliere lo sguardo.
I lunghi capelli castano scuro, sfrenatamente ricci, si aprivano a ventaglio intorno a lei. Erano molto più lunghi di quanto avesse immaginato. E il suo corpo era formoso nei punti giusti.
E quelle dita.
Ethan cercò di deglutire. Con quelle dita lei tirava i piccoli anellini d’oro ai capezzoli, l’espressione traboccante di piacere.
Tutto il suo corpo riluceva d’olio. Ethan si impose di distogliere lo sguardo dai capezzoli. Lo spostò in basso.
― Dio abbia pietà di me ― sussurrò, il respiro affannoso.
Bene. Aveva appurato di essere un dannato pervertito. Si aprì la zip dei jeans, liberò il sesso, lo prese nelle dita e cominciò a palpeggiarlo e accarezzarlo.
Lei nel frattempo aveva ripreso a muoversi, la mano che scendeva lungo lo stomaco, e più giù dov’era nuda, depilata e luccicante...
Ethan appoggiò la fronte contro l’oblò, lo sguardo fisso, il respiro ansimante. Anche laggiù intravedeva dell’oro. Solo un bagliore. Ma sufficiente al suo occhio esperto per capire che Sarah Fox aveva un piercing al clitoride.
E ci stava giocherellando. Lo tirava mentre si accarezzava con le dita luccicanti.
Non si dimenava. Non si inarcava, né si mostrava a lui. Era una donna persa nella propria fantasia, nel proprio tocco. La vide mordersi il labbro inferiore, il sudore che le imperlava la pelle, luccicando insieme all’olio. E si accarezzava. Lentamente. Godendone. Una donna a cui piaceva essere stuzzicata. A cui piaceva il crescendo del piacere. Una mano lenta.
Ethan si accarezzò allo stesso ritmo. Nella sua testa era lei che lo stringeva con le dita scivolose e unte dall’olio. Poi chiuse il palmo sulla punta, percependo l’acciaio che gli attraversava il membro, e la tensione al petto crebbe mentre l’orgasmo si formava all’interno dei testicoli.
Lei intanto continuava a giocare.
Ethan inchiodò lo sguardo su di lei: aveva un’espressione quasi angosciata, mentre le sue dita si muovevano più frenetiche. Anche lui si accarezzò, si passò il pollice sull’acciaio, sotto la punta, pensando al piercing sul clitoride della sua vicina di casa.
Ah, dannazione. Non lo sopportava. Continuò a osservarla. Le sue dita, il suo viso, il sudore che le incollava i capelli. Ethan espirò bruscamente, un gemito gli lacerò la gola, un’imprecazione feroce mentre esplodeva con il seme che gli imbrattava le dita, mentre Sarah inarcava i fianchi, il viso contorto.
Per il disappunto.
Sarah sbatté la mano sul cemento accanto a lei. Si mise a sedere, passandosi le dita tra i capelli, poi si alzò di scatto e marciò all’interno della casa, mentre Cooper la fissava scioccato.
Come era possibile che l’evidenza del suo orgasmo fosse ancora lì, sulle sue dita, mentre Sarah era rimasta insoddisfatta?
Non perse di vista l’area della piscina, mentre afferrava distrattamente una vecchia maglietta, si ripuliva le dita, l’erezione ancora presente.
Si chiuse i jeans guardando fuori dalla finestra, e socchiuse gli occhi. La maggior parte delle case di quella zona avevano un solo piano ed erano circondate da recinzioni che ne garantivano la privacy. Quella di Cooper era solo leggermente più alta, tale da consentire una mansarda abitabile con un oblò, posizionato proprio al di sopra della zona piscina di Miss Sarah.
Per qualche ragione sconosciuta, poche altre case erano costruite in quel modo in quella piccola cittadina del Texas meridionale. Guarda caso, la sua era davvero perfetta.
Sorrise sentendosi fortunato. Poi si accigliò mentre chiudeva i jeans e si avviava verso la porta della soffitta; scese i gradini della scala a chiocciola in metallo che portava in cucina. Che fosse dannato se Miss Fox non gli aveva procurato l’orgasmo dell’anno, o qualcosa che ci andava molto vicino.
Pensò a lei, insoddisfatta. Bagnata. Con un piercing sul clitoride.
Fanculo. Piercing. Sarah Fox. E lui che la riteneva una compassata, piccola vergine. Almeno, così si diceva. Vergine? Con quei piercing? Improbabile.
Certo che definirla soddisfatta era tutta un’altra questione, e per quanto gli sarebbe piaciuto aiutare Miss Sarah a raggiungere l’orgasmo, non ne avrebbe fatto una ragione di vita.
Ethan Cooper era un cattivo ragazzo, e lo sapeva. Il bar della zona, ritrovo per motociclisti e, in genere, locale di cattiva fama, era il suo. E a lui andava bene così.
Una pallottola nel ginocchio l’aveva obbligato a lasciare i Ranger, ma non aveva messo fine alla sua vita. Qualche cicatrice e un paio di chiodi metallici nel ginocchio ricostruito, non erano stati sufficienti a uccidere l’anima selvaggia, a volte oscura, che aveva dentro.
L’esercito l’aveva affinata. I Ranger l’avevano affilata. La vita probabilmente l’aveva resa ancora più tenebrosa. Ma era lì, e lui era tuttora pericoloso, tuttora oscuro. Libero e senza legami. E intendeva rimanere così.
Imbronciata, Sarah gettò l’asciugamano sul letto ed entrò nella doccia pestando i piedi. Sotto lo spruzzo si lavò via l’olio abbronzante dal corpo e sospirò esasperata dal bisogno che ancora pulsava tra le cosce.
Aveva ventiquattro anni ed era ancora vergine. E sembrava che tutti lo sapessero in quella piccola città dove aveva traslocato, visto che continuavano a chiamarla Miss Sarah. Era stufa.
Si lavò rapidamente e si asciugò i capelli con vigore; prima di pettinarli districò i nodi e lasciò i lunghi riccioli sciolti sulla schiena, per poi tornare in camera, sbuffando bruscamente.
Aveva provato di tutto per integrarsi in quella cittadina texana.
Be’, tutto tranne entrare in un bar e scegliersi un uomo, ma quella era una cosa che non riusciva a fare. Così come non era stata capace di lasciarsi andare con nessuno degli universitari ubriachi conosciuti al college.
Fece una smorfia, ripensando alle amiche quando la trascinavano alle feste dell’associazione studentesca femminile. Erano stati pochi i ragazzi sobri che ci avevano provato con lei e che avevano mostrato dell’interesse… per una sveltina senza impegni.
Si sedette sul letto, lo sguardo fisso alla parete. Avrebbe dovuto trasferirsi in una città più grande. Guadagnava davvero bene come web designer e programmatrice. Lavorava per un’azienda solida e godeva di diversi benefit aziendali. Era stata dannatamente fortunata. Non doveva lavorare a tempo pieno e poteva rilassarsi. Avrebbe potuto permettersi di vivere a Houston o Dallas. Quel pensiero le fermò il respiro in gola. Così tanti stranieri. Così tanto rumore e paura. Lì, a Simsburg, era tutto più tranquillo. Una piccola città quasi sconosciuta fuori Corpus Christi dove avrebbe potuto rilassarsi.
Nascondersi.
Si riscosse dai suoi pensieri mentre si alzava e si dirigeva verso l’armadio. Prese un abito senza maniche e lo infilò dalla testa prima di abbottonarlo fino al collo.
Poi tornò in bagno, davanti allo specchio. Si sbottonò l’abito, aprendolo sul torace, e si fissò.
Le pallide linee bianche erano ancora lì. Avrebbe dovuto evitare il sole, si disse seguendo con le dita le sottili cicatrici. L’abbronzatura le evidenziava, rammentò a se stessa, rendendole difficili da nascondere.
Le tracciò con le dita. Ce n’erano una mezza dozzina, lunghe, strette, sottilissime. Ma c’erano. Erano lì da quando aveva sedici anni ed era una stupida.
Riabbottonò il vestito prima di tornare in camera e infilare le mutandine di pizzo color bronzo che aveva preso dalla cassettiera. Infilò i sandali ai piedi, raccolse i capelli in un morbido nodo sulla sommità del capo, quindi andò in cucina a prendere la borsa.
Chiuse a chiave la porta di casa e uscì sul portico qualche attimo dopo. Persino lì, in mezzo a quelle abitazioni e a quei cittadini amichevoli, non voleva rischiare. Teneva la porta ben chiusa, e così le finestre. E anche la sua macchina.
Infilò le chiavi nella borsa e alzò la testa appena in tempo per vedere il vicino che alla guida in un potente quattro per quattro grigio acciaio, si introduceva nel vialetto accanto al suo.
L’uomo parcheggiò, uscì dal veicolo e si fermò a fissarla.
Dio, era l’emblema di tutto ciò che di imponente, spietato e pericoloso ci fosse al mondo. Un metro e novanta di altezza, jeans e stivali. Una maglietta che non riusciva a nascondere il serpente tatuato attorno al bicipite.
E la fissava. Fermo dietro al pick-up, aveva incrociato le braccia posandole sul tetto e semplicemente era rimasto a guardarla. Gli occhi scuri socchiusi, le ciglia folte, i capelli neri e la carnagione scura.
Sarah ricambiò lo sguardo, sentendosi stringere il petto come ogni volta che le capitava di incontrarlo. Poteva sentire i seni gonfiarsi e i capezzoli premere contro il tessuto leggero del vestito. Poteva percepire il calore scorrerle sul corpo, mentre lo sguardo dell’uomo la inchiodava sul posto.
Lui stirò le labbra. Quello inferiore più morbido e pieno. Era terribilmente sexy, con un sorriso malizioso che garantiva di conoscere tutte le sue fantasie più segrete. E che sapeva anche di esserne il protagonista principale.
Sarah si sentì in trappola. Strinse nelle dita le chiavi, e mentre la brezza la sfiorava, ebbe la chiara sensazione che il suo sguardo l’accarezzasse. Che si infilasse sulle gambe nude, sotto il vestito.
Le mancò il fiato.
― Miss Sarah, come va oggi? ― la sua voce le accarezzò i sensi come le dita di un amante appassionato.
Dio, era incredibile.
― Bene, Mr Cooper. Il suo ginocchio sembra stare abbastanza bene.
Quando era tornato ferito dall’esercito, per un anno Sarah si era comportata da buona vicina. Gli aveva preparato zuppe e biscotti, e a volte nella spesa si era accertata di includere per lui anche verdure fresche e snack leggeri.
Cooper le era sempre stato riconoscente. Ma col cavolo che l’avesse mai invitata a condividere un pasto. Nonostante Sarah avesse fatto di tutto perché lui si sentisse a proprio agio e in salute, ancora la chiamava Miss Sarah.
― Il ginocchio non migliorerà più di così. ― Le rivolse quel suo sorriso da ragazzaccio, e il suo cuore iniziò a correre come se realmente l’avesse toccata.
― Mi fa piacere che stia meglio.
La faceva sentire nervosa. Arrossata e accaldata.
― Me la cavo. ― Inclinò il capo, alzò una mano e si toccò la fronte con due dita a mo’ di saluto, prima di dirigersi verso la porta di casa, aprirla e scomparire all’interno.
Accidenti.
Sarah incamerò ossigeno con un respiro irregolare, serrò le chiavi nella mano e si impose di camminare fino alla macchina. Azionò l’apertura automatica e salì nei confini soffocanti della vettura, poi mise in moto.
Lui non poteva conoscere le sue fantasie. Sarah le teneva chiuse dentro di sé, come i suoi incubi.
Non poteva sapere che quando si toccava, lo faceva pensando a lui. Che quando fantasticava di trasformarsi in una cattiva ragazza, immaginava di avere lui al proprio fianco. Non poteva sapere che si era trasferita lì per lui, per via di ciò che era successo in una strada buia di Dallas quando suo zio l’aveva salvato, come non poteva sapere dell’attrazione che aveva provato per lui.
Ethan Cooper era una delle prime persone che Sarah aveva incontrato quando l’agente immobiliare le aveva mostrato la casa. Lui si trovava in giardino e stava tagliando l’erba, ma si era fermato a guardare mentre lei entrava nel vialetto insieme all’agente.
Aveva sorriso e salutato con la mano, prima di tornare al proprio lavoro. A petto nudo. In jeans e stivali, con il sudore che gli scorreva giù per la schiena, sulla pelle scura e gli incollava i capelli sulla nuca.
Si era voltato rapidamente, aveva sorriso e le aveva fatto l’occhiolino all’insaputa dell’agente, mentre il corpo di Sarah aveva reagito come se realmente l’avesse accarezzata.
Si era bagnata all’istante. Praticamente si era ritrovata a risalire il vialetto di casa ansimando. Come se quell’incontro fosse stato un segno che le fantasie di cui lui era stato oggetto, avessero avuto una possibilità di realizzarsi.
Cooper era alto, possente e dall’aspetto pericoloso. L’agente immobiliare le aveva detto che faceva parte dell’esercito. Diverse settimane più tardi era sparito e la sua casa era rimasta vuota, tranne per le visite occasionali di quel motociclista che aveva tutta l’aria di un sicario e che se ne andava solo dopo aver controllato che fosse tutto in ordine.
Un anno più tardi, Ethan Cooper era tornato zoppicante. Sarah aveva saputo che era stato ferito in azione. L’aveva osservato mentre si esercitava nel terreno recintato dietro casa. Pesi, flessioni, addominali, stretching. Dio, l’aveva fatta impazzire quell’anno. Si era quasi uccisa nel tentativo di dare sollievo ai crampi allo stomaco provocati dall’eccitazione.
In quei mesi aveva avuto l’occasione di conoscerlo. Quando gli portava da mangiare, lui si intratteneva sempre a chiacchierare e ridere con lei. E Sarah finiva sempre per tornare a casa con il disperato desiderio di essere toccata.
Era stanca di masturbarsi. Era stanca di essere sola. E anche di spasimare per quell’uomo che gestiva un locale malfamato e che era alto, possente, e dal sorriso sexy.
Forse era giunto il momento di fare qualcosa, si disse. Dopotutto, sguardi rubati e desideri nascosti non l’avrebbero portata da nessuna parte. Era tempo di agire. Se doveva attirare Ethan Cooper nel suo letto, avrebbe dovuto prendere l’iniziativa.




2


Non riusciva a togliersela dalla testa. Sarah Fox, distesa sul cemento accanto alla piscina, i lunghi riccioli attorno alla testa, il corpo pieno, lucido, caldo, e così eccitato.
Con quell’immagine si era masturbato di nuovo dopo essere rientrato in casa. Come se potesse farne a meno. Più ci pensava, più diventava duro. Da anni non si eccitava così per una donna. Non dalla sua prima donna, in effetti.
Chi l’avrebbe mai detto? La timida, piccola Miss Sarah.
Ethan scosse di nuovo il capo, afferrando una birra e dirigendosi verso il portico sul retro. La recinzione di Sarah, alta più di due metri e che correva lungo tutto il perimetro del mezzo ettaro di terra dietro casa, si incontrava nell’angolo con quella di legno bianco di Ethan e procedeva per quasi il doppio.
Però lui non aveva una piscina. Socchiuse gli occhi sul cortile posteriore, prima di sorridere e sollevare la birra alle labbra.
Avrebbe finito con il mettersi nei guai. Non sarebbe riuscito a starsene fuori. Era già abbastanza arduo tenere i guai fuori da casa sua.
Divertito, si chiese se Miss Sarah gli avrebbe permesso di usare la sua piscina. Forse, mentre lei si abbronzava sotto il sole caldo del Texas, pronta e bagnata.
Fece una smorfia al pensiero. A parte i piercing e il corpo dolce e sensuale, Miss Sarah Fox non era fatta per stare con un tipo come lui.
Terminò la birra prima di andare in bagno per fare una doccia e cambiarsi. Essere proprietario di uno dei bar più malfamati della zona poteva risultare rischioso a volte. La sera preferiva essere là presto.
Era sul punto di uscire, con la porta che si chiudeva dietro di lui, quando la piccola e rassicurante berlina di Sarah si fermò sul vialetto.
Ethan si sentì addosso il calore del suo sguardo per un attimo, prima che la macchina si spegnesse e lei ne scendesse con la testa bassa.
Non poté evitare di osservarla mentre girava intorno all’autovettura per aprire il bagagliaio. Ne trasse una borsa di tela, - la spesa, pensò - e si avviò velocemente verso casa.
Ignorandolo.
― Salve, Miss Sarah ― la chiamò mentre saliva sul portico, e la vide fermarsi di botto.
Lei alzò la testa, gli occhi sgranati. ― S-Salve. ― Un piccolo sorriso le sfiorò quelle labbra imbronciate che gli piacevano tanto.
Cooper attraversò il vialetto. Non c’era molta distanza a separare le due case. Erano state costruite da due sorelle una vicina all’altra. Dietro, la proprietà si estendeva su un lato di ciascuna casa, tenendole vicine, mentre le abitazioni degli altri vicini erano distanti l’una dall’altra.
Cooper non poteva neppure spiegare a se stesso ciò che stava facendo, se non con il fatto che a causa di quella donna si era preso il proprio piacere in solitudine due volte. Le rivolse uno dei suoi sorrisi indolenti, che erano poi il suo marchio, e si godette il rossore che le invase le guance.
Lei lo guardò attentamente, senza un minimo accenno ad aprire la porta. Teneva le chiavi in una mano e la borsa di tela con l’altra, come se non lo avesse mai visto. Diffidente e cauta, Miss Sarah non era una persona comune, in ogni caso.
Ethan quasi socchiuse gli occhi nel prendere nota della posizione di difesa accuratamente mascherata. Chiavi con cui tagliare, borsa con cui colpire. Il suo corpo era bilanciato, pronto a scappare in un attimo. Ora, perché diavolo un donnino così piccolo e dannatamente timido, doveva mettersi in guardia da un vicino?
― Posso aiutarla, Mr Cooper? ― chiese lei guardinga, appoggiandosi al muro
Ethan allargò il sorriso. ― Sì, signora, certo che può. ― Annuì. ― Posso sapere perché una cosina deliziosa come lei è tutta sola di venerdì sera? Dovrebbe essere vietato dalla legge
― Sono sicura di sì. ― Tradì una lieve traccia di cinismo nello sguardo che gli rivolse.
― Di solito i ragazzi qui intorno non erano così stupidi. ― Scosse il capo. ― Lasciare una bella ragazza come lei tutta sola.
― Preferisco gli uomini, Mr Cooper, ai ragazzi ― replicò lei freddamente. ― E sono una donna non una ragazzina, da molto tempo ormai. C’è qualcos’altro che posso fare per lei?
Ethan non percepiva paura nella donna. Cautela, sospetto, e un bel po’ di eccitazione, ma non paura.
― No, signora. ― Alla fine scosse il capo e indietreggiò.
Non sarebbe arrivato a quel punto, decise. C’era qualcosa in Miss Sarah che mandava in rivolta ogni istinto maschile che possedeva. E lui non era l’uomo giusto per quella donna così delicata. No, Miss Sarah aveva bisogno di qualcuno che si fosse impegnato per sempre, e Cooper non era quel tipo d’uomo. ― Buona serata, Miss Sarah.
― Mr Cooper ― lo chiamò, bloccandolo.

(Continua)

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